In questa puntata del nostro blog affrontiamo un argomento molto vasto: il protocollo MIDI e le sue applicazioni. Il MIDI è alla base di tutti i virtual instruments che oggi ci permettono di creare produzioni e beats senza strumenti esterni, sia per provini sia per produzioni da inviare in studio per la fase di mix e mastering.
Affronteremo pochi concetti elementari, senza alcuna pretesa si fornire una guida esauriente al mondo MIDI, ma chiarendo alcuni concetti fondamentali utili per una comprensione di base dell’argomento.
Con il termine MIDI (acronimo di Musical Instrument Digital Interface) si intendono sia l’insieme di specifiche tecniche che danno vita al protocollo, sia l’interfaccia hardware, che consente il collegamento fisico tra vari dispositivi.
Un flusso di dati MIDI equivale in modo approssimativo ad uno spartito musicale, che contiene tutte le informazioni relative all’esecuzione della parte musicale. Così come il suono di uno strumento non viene registrato su uno spartito, allo stesso modo la generazione sonora vera e propria non fa parte del protocollo MIDI ma viene affidata a generatori sonori di vario tipo dotati di interfaccia midi.
Un po’ di storia
Il protocollo MIDI nasce all’inizio degli anni ’80 grazie Dave Smith e Chat Wood di Sequential Circuits, che nel 1981 propongono le prime specifiche del MIDI in un documento pubblicato sotto il nome di “The complete SCI MIDI”.
All’epoca non esisteva uno standard di comunicazione tra strumenti elettronici: alcuni costruttori (Roland, Oberheim) avevano già dotato i loro prodotti di sistemi di comunicazione, ma spesso sincronizzare e interfacciare strumenti di produttori diversi richiedeva soluzioni ad hoc piuttosto complesse. Il nuovo protocollo MIDI permetteva finalmente di superare questi limiti e offriva nuove soluzioni al problema.
I primi strumenti dotati di interfaccia MIDI furono il Prophet600 di Sequential Circuits e il DX-7 Yamaha, lanciati sul mercato a partire dal 1983.
L’interfaccia MIDI
Un’interfaccia MIDI completa è composta da una o più delle seguenti porte:
- MIDI In: Porta a cui arrivano i dati. Questa porta deve essere sempre collegata con una porta MIDI Out oppure Thru.
- MIDI Out: Porta da cui escono i dati verso un MIDI In. Tutto quello che viene eseguito sulla tastiera o su un sequencerpuo? essere mandato attraverso questa porta.
- MIDI Thru: Il MIDI Thru e? una copia esatta dei dati che arrivano al MIDI In e vengono immediatamente rispediti fuori attraverso il MIDI Thru. Questa porta serve per collegare più dispositivi allo stessomaster(cioè il dispositivo che invia i dati).
Un semplice e frequente esempio di collegamento MIDI è quello raffigurato nell’immagine a fianco: il midi out della master keyboard viene collegato all’ingresso di un computer dotato di software apposito (Cubase, Logic, Protools, Sonar, Reason ecc…), che si occupa di ricevere e salvare in memoria ciò che suoneremo sulla tastiera. Il computer può essere dotato di generatori di suono interni (ad esempio plug-in o virtual instruments) oppure indirizzare il tutto a dispositivi esterni tramite il MIDI OUT (sintetizzatori o expander). In questo modo possiamo suonare una parte sulla tastiera, memorizzare ed eventualmente modificare con il computer, e inviare il tutto a ulteriori dispositivi che si occuperanno di generare il suono.
Il protocollo MIDI: canali e messaggi
Il protocolo midi è strutturato a canali: è possibile inviare fino a 16 flussi indipendenti di dati sulla stessa porta. In questo modo possiamo registrare ad esempio più parti sovrapposte sul nostro sequencer (basso, batteria, piano ecc…) suonandole una ad una con la master keyboard, e riprodurre contemporaneamente tutte le tracce su canali diversi da un unico MIDI OUT. Allo stesso modo, possiamo suonare due timbri diversi sul nostro sintetizzatore inviando le note su due canali diversi dalla master keyboard.
Fino ad ora ci siamo occupati degli aspetti fondamentali del MIDI. Il protocollo è però ben più complesso, e consente non solo di inviare informazioni sulle note suonate, ma anche una serie di messaggi destinati alla modifica di parametri e impostazioni sui dispositivi collegati. Tra questi i più utilizzati sono i program change e i control change. I primi vengono utilizzati tipicamente per cambiare un preset su un dispositivo, utilissimo in situazioni live e non solo. Questo tipo di messaggio è sfruttato anche dalle pedaliere MIDI collegate ai multieffetto per chitarra (molto in voga anni fa, adesso meno…): premendo un pulsante sulla pedaliera, accediamo ad un banco di effetti sul dispositivo collegato.
I control change sono invece messaggi destinati al controllo di specifici parametri sullo strumento collegato alla porta di uscita. Lo standard MIDI ne prevede 128 tipi diversi, tra cui il controllo del volume, pan, inviluppo, pedale sustain, vibrato ecc…
Questi controlli sono comunque liberamente assegnabili e configurabili, e ci consentono di controllare anche software o strumenti complessi in tempo reale grazie ad apposite superfici di controllo o master keyboard avanzate (vedi immagine 2), dotate di controlli di tipo slider o rotativi che vengono associati a specifici program change. Così, ad esempio, ruotando una manopola integrata sulla nostra master keyboard possiamo modificare il filtro di un synth, il livello di un effetto e così via.
Per una guida più approfondita al midi basta fare una ricerca in rete, troverete molte fonti di informazioni. Tra le guide in italiano, vi segnaliamo quella di Supportimusicali.it, disponibile a questo indirizzo.