Come si usa un equalizzatore: consigli pratici.

Nell’articolo precedente abbiamo illustrato le principali tipologie di equalizzatori e descritto le funzioni dei vari filtri che ci mettono a disposizione. Oggi completeremo il discorso con alcuni consigli pratici per spiegare meglio come si usa un equalizzatore sulle tracce audio, sia live sia in studio.

Facciamo la solita premessa dicendo che si tratta di indicazioni di massima, poiché in questi casi non ci sono regole precise, e i casi vanno valutati singolarmente.

frequenze
Fig. 1 – Spettro delle frequenze degli strumenti più comuni. Fonte: http://www.independentrecording.net/

Prima sottrai, poi aggiungi

Come sappiamo l’equalizzatore può enfatizzare o attenuare una gamma di frequenza. Nel contesto di un mix, o di un’esibizione live, spesso la tentazione è quella di “spingere” un po’ su una certa frequenza per esaltare una particolare caratteristica timbrica. Ad esempio, quando un basso è poco profondo l’istinto è quello di prendere la manopola “low” e tirarla su. Poi però ci accorgiamo che a questo punto la cassa della batteria, che prima ci sembrava equilibrata e rotonda, ora si confonde sulle note del basso e non “spinge” più. Allora prendiamo la manopola “low” del canale della cassa e tiriamo su pure quella. Adesso abbiamo una gamma di frequenze basse decisamente sovrappeso, e ci accorgiamo che la chitarra, che prima sembrava ok, adesso inizia a sparire sulle parti ritmiche, palm mute eccetera.

Abbiamo così scoperto sulla nostra pelle l’effetto mascheramento. Si tratta di un fenomeno psicoacustico che si verifica quando un suono di una certa intensità e frequenza “nasconde”, ossia maschera, suoni di frequenze vicine e di intensità inferiori. Nel nostro caso, cassa e basso stanno mascherando le chitarre. Per evitare questo inconveniente, dobbiamo ragionare sulla sottrazione delle frequenze. 

Ripartiamo dalla situazione iniziale, il basso poco profondo. Per “farlo uscire” un po’ di più è preferibile tagliare leggermente le medio-basse sul basso, sottrarre un po’ di basse profonde sulla cassa e togliere tutto sotto gli 80hz alle chitarre. Ovviamente questo è un esempio completamente teorico di come si usa un equalizzatore, ma può funzionare per chiarire il concetto, e per introdurre il secondo argomento…

I filtri low pass e hi pass sull’equalizzatore

Sempre ragionando sul concetto di sottrazione iniziamo a parlare di filtri hi-pass e low-pass. Come abbiamo visto nel precedente articolo, si tratta di filtri che eliminano dal segnale tutta la parte del segnale al di sopra (low pass) o al di sotto (hi pass) di una determinata frequenza.

Si tratta di un intervento drastico, ma fondamentale per recuperare chiarezza e intelligibilità nel mix, ed evitare confusione agli estremi dello spettro sonoro. Se vuoi imparare meglio come si usa un equalizzatore, ti consiglio di partire proprio dai filtri hi-pass e lo-pass.

Prendiamo ad esempio la chitarra elettrica e osserviamo lo schema in figura 1: come vediamo, la chitarra occupa un range di frequenze da 80hz circa fino a oltre 5khz. Tuttavia, nella ripresa del segnale avremo anche una componente di frequenze al di sotto e al di sopra della sua gamma  (bleeding di altri strumenti,  risonanze, disturbi vari).

Queste componenti possono essere tagliate grazie ai filtri: tipicamente, un hi-pass sugli 80hz, e un low-pass settato ad una frequenza tale che ci permetta di mantenere abbastanza presenza, senza rendere troppo chiuso il suono (10khz possono essere un punto di partenza per le chitarre elettriche distorte, ma anche in questo caso non esistono regole precise). Lo stesso discorso può essere applicato a basso e cassa: in questo caso taglieremo solo verso l’alto (attenzione anche qui a non rendere il tutto troppo chiuso!). Per la voce, invece, applicheremo un taglio sulle basse al di sotto dei 100hz (o superiore, dipende dal contesto e dal tipo di voce).

low cut
Fig. 2 – Pulsante filtro hi-pass. Fonte immagine: www.realtimeaudio.ca/

Ora capirete perché nei mixer economici, tipicamente usati in live su palchi piccoli, i pulsanti “low cut” (settati su 80hz di solito – vedi fig.2) sono fondamentali. 

Attiviamoli senza paura su ogni canale escluso il basso, e nel caso di un impianto non molto performante possiamo provare ad attivarli anche sulla cassa. In ogni caso, il concetto è sempre lo stesso: tagliare invece di enfatizzare. 

Come si usa un equalizzatore: agire sulle singole frequenze.

Abbiamo appena piazzato i microfoni su tom e rullante, facciamo un paio di passaggi per provare il tutto e sentiamo un inferno di risonanze che fanno suonare la nostra batteria appena accordata come un kit di pentole inox. Situazione tipica da live. Fidiamoci del fatto che la batteria sia accordata (perché l’avete accordata vero?) e i microfoni piazzati nel modo corretto (attenzione ai contatti tra aste e fusti!), e andiamo a correggere i problemi con l’equalizzatore.

La procedura è semplice, e basta un equalizzatore parametrico a singola frequenza, ad esempio un mixer con il controllo “mid” a frequenza variabile). In questo caso, iniziamo ad alzare il controllo “mid”, e con il selettore della frequenza andiamo a cercare (partendo dal basso) la risonanza che vogliamo eliminare. Con un po’ di orecchio non sarà difficile individuarla. Ora invertiamo il controllo “mid” portandolo a sottrarre la frequenza selezionata, e ripetiamo l’operazione su tutte le tracce che dobbiamo correggere.

Equalizzazione complementare

Come facciamo a gestire in un mix due strumenti che lavorano sulla stessa gamma di frequenze, ad esempio cassa e basso?

Un modo è quello di utilizzare un’equalizzazione complementare. Si tratta di applicare un taglio su uno strumento ad una determinata frequenza (ad esempio tagliando i 100hz sulla cassa), e sulla stessa frequenza applicare un leggero boost sull’altro strumento (ad esempio enfatizzando i 100hz sul basso).

Ovviamente la frequenza non può essere scelta a caso, ma dobbiamo cercare di capire dove agire valutando le caratteristiche timbriche dei due strumenti. Anche un analizzatore di spettro può tornarci utile per visualizzare le caratteristiche timbriche della traccia che dobbiamo modificare, ma ricordiamoci che ascoltare è più importante che guardare. 

Come si usa un equalizzatore. Miti da sfatare.

“Non bisogna mai aggiungere, ma togliere!”
Ok, l’ho scritto anche io all’inizio dell’articolo. E, come regola di base, può anche funzionare. Ma dopo un certo numero di lavori su mix e mastering ci si rende conto che non è sempre così. A volte, per dare colore a uno strumento, uso dei boost parecchio tosti su alcune frequenze. L’importante è sapere cosa stiamo facendo.

“Non si registra mai con l’EQ inserito!”
Ma va, e allora a cosa l’ho comprato a fare tutto quell’outboard? Certo, se registri una traccia già equalizzata in fase di ripresa, ti tieni il suono così com’è. Ma se sai ciò che stai facendo, è tutto tempo risparmiato in mix.

“In mastering si usano solo EQ per il mastering!”
Sì, se vogliamo un intervento trasparente, che rispetti al massimo il segnale di ingresso. Ma spesso un mastering richiede interventi più decisi, e quindi non è assolutamente sbagliato mettere quell’EQ super-colorato sulla traccia master. Senza esagerare, senza distruggere tutto.

Insomma…Fidiamoci delle orecchie, molto meno degli occhi e mai delle leggende metropolitane! 🙂