Audio digitale: i formati più diffusi

Oggi l’audio è quasi sempre veicolato su supporto digitale: a partire dal “vecchio” CD fino ad arrivare all’audio in streaming su internet o sul nostro lettore MP3. In questo articolo vogliamo offrire una semplice guida per aiutarvi a comprendere le caratteristiche dei più diffusi formati audio.

Innanzitutto, distinguiamo tra formati non compressi e compressi. Tra i primi il più noto ed utilizzato è probabilmente il WAV, seguito dall’AIFF più popolare in ambito Mac. Si basano entrambi sulla pulse code modulation, il più diffuso metodo di rappresentazione digitale del suono, e sono oggi i formati più usati nell’audio professionale. La qualità dell’audio dipende da due fattori: frequenza di campionamento e numero di bit di codifica. Lo standard CD Audio prevede una frequenza di 44.1 Khz a 16 bit di codifica, e offre un’eccellente qualità di riproduzione. Di recente sono stati sviluppate codifiche alternative al PCM, tra cui il DSD. Il loro utilizzo è decisamente meno diffuso e limitato quasi esclusivamente all’audio professionale o a formati di nicchia come il SACD (Super Audio CD). I formati non compressi offrono quindi un’eccellente qualità audio ma richedono una grande quantità di memoria per il salvataggio dei dati: per riprodurre circa 70 minuti di musica in stereo, infatti, serviranno circa 700 megabyte (l’equivalente di un CD).

Per ovviare a questo inconveniente sono stati sviluppati i formati audio compressi, tra cui il diffusissimo MP3 (di cui ci occuperemo in un articolo successivo). Questi formati si basano su un procedimento simile, ma aggiungono una fase di compressione dei dati, selezionando una parte di informazioni ritenute fondamentali e scartandone altre. Il procedimento è basato su principi psicoacustici, basati cioè sulla nostra percezione del suono, secondo i quali alcune componenti dell’informazione sonora sono irrilevanti per il nostro udito. Queste componenti non verranno eliminate totalmente, ma codificate con una minore precisione rispetto a quelle considerate rilevanti. In questo modo, la compressione MP3 consente di ridurre drasticamente la dimensione dei files: per fare un esempio, 70 minuti di musica possono essere immagazzinati in 70 megabyte anziché 700 (ovviamente dipende dal tipo di codifica: la qualità è inversamente proporzionale alla riduzione delle dimensioni del file).

I formati simili al Mp3 sono detti lossy, perchè causano una perdita di informazioni sonore. Esiste tuttavia un’alternativa per risparmiare spazio su disco mantenendo la stessa qualità dei formati non compressi, e ci viene offerta dalla compressione lossless (letteralmente “senza perdita”). Il procedimento in questo caso è simile a quello utilizzato dalle compressioni ZIP o RAR, ma ottimizzato per l’audio. La dimensione dei files non risulta ridotta in modo drastico come nel caso degli Mp3, ma formati come FLAC o WavPack consentono una riduzione del 50% circa senza alcuna perdita di informazione.

Ecco una tabella riassuntiva con i principali formati: