Microfoni: tipologie e caratteristiche

Tutti sanno cos’è un microfono. Tutti sanno a cosa serve, ed è un oggetto onnipresente nella vita di un musicista, dal vivo e in studio di registrazione. Spesso ce li ritroviamo davanti o li vediamo impiegati per amplificare il nostro strumento su un palco, ma non sempre possiamo dire di conoscerli in modo approfondito.

La scelta del microfono adatto è fondamentale per impostare al meglio la fase di ripresa, e arrivare alla fase di mix e mastering nel miglior modo possibile. In questo articolo descriveremo in breve le tipologie più diffuse di microfono, e andremo a scoprire le loro caratteristiche di base per quanto riguarda la ripresa del suono.

Cos’è un microfono?

Microfono a condensatore (a sinistra) e dinamico.
Microfono a condensatore (a sinistra) e dinamico.

Un microfono è un trasduttore che trasforma l’energia sonora in energia elettrica. In pratica, traduce le variazioni di pressione dell’aria (onde sonore) in variazioni di tensione elettrica. In pratica, svolge il lavoro opposto di un altoparlante. La differenza tra una tipologia di microfono e un altro sta tutta nelle modalità con cui avviene questa operazione. In questo articolo parleremo delle tipologie più diffuse: microfoni dinamici, a condensatore e a nastro.

Microfoni dinamici

Il microfono dinamico è probabilmente il più diffuso, soprattutto in ambito live. Il suo funzionamento è basato sul principio dell’induzione elettromagnetica. Una membrana cattura le onde sonore e mette in movimento una bobina, che muovendosi in un campo magnetico (generato da un magnete) genera una variazione di corrente.

Caratteristiche: i microfoni dinamici sono piuttosto resistenti, non soffrono particolarmente l’umidità e resistono facilmente a forti pressioni sonore. Inoltre non hanno bisogno di alimentazione esterna e sono piuttosto economici. La loro risposta in frequenza tuttavia è piuttosto limitata, e a farne le spese sono le frequenze alte e altissime. Questo però non è necessariamente un male, anzi può aiutare in caso di fonti particolarmente difficili.

Modelli più famosi: Shure sm-57, sm-58, SM-7B,  Shure Beta; Sennheiser MD-421; AKG D-12, ElectroVoice RE-20.

Microfoni a condensatore

Il microfono a condensatore sfrutta l’effetto capacitivo. All’interno troviamo una membrana metallica, le cui lamine  vengono sollecitate dalle vibrazioni trasmesse nell’aria. Per funzionare il microfono necessita di una fonte di alimentazione, che solitamente viene fornita dal mixer o dal preamplificatore, oppure in alcuni casi da una batteria interna.

Caratteristiche: I microfoni a condensatori, nell’immaginario collettivo, sono i tipici “microfoni da studio”. Sono microfoni più sensibili dei dinamici: questo significa che riusciranno a “sentire” meglio sia in termini di dinamica (cioè variazione di intensità sonora, forte/piano insomma) sia in termini di frequenza. I microfoni a condensatore hanno una risposta in frequenza che riesce spesso a coprire tutta la gamma percepita dal nostro udito, a volte spingendosi anche oltre. C’è però un rovescio della medaglia: la loro sensibilità li rende anche più vulnerabili a sollecitazioni esterne, riflessioni ambientali, soffi d’aria e rumore da contatto. Non a caso, i microfoni a condensatore vanno sempre montati su appositi supporti ammortizzati (shock-mount) e riparati da filtri antivento in caso di riprese in esterni, o filtri anti-pop per le riprese vocali.

Attenzione però: il fatto che sia più sensibile di un dinamico non significa che sia da preferire a prescindere: spesso infatti ci troviamo a scegliere un microfono dinamico (o a nastro) semplicemente perchè le sue caratteristiche si sposano meglio con la fonte che stiamo riprendendo. Se stiamo cercando un suono dettagliato, ricco nella gamma estrema delle frequenze, che ci restituisca tutte le sfumature della fonte sonora, il microfono a condensatore è forse la scelta migliore, ma se ad esempio ci troviamo davanti un amplificatore per chitarra tirato al massimo, una voce urlata o un rullante allora probabilmente ci affideremo a un dinamico.

Modelli più famosi: Neumann U87, Neumann serie TLM, AKG C414, AKG C-1000, RODE NT2

Microfoni a nastro

microfoni a nastro
Alcuni microfoni a nastro: Coles 4038, Beyerdynamic M160, Royer R121

I microfoni a nastro, come i dinamici, sfruttano il principio dell’induzione. L’elemento mobile è però costituito da un nastro metallico piegato a fisarmonica. Per un approfondimento tecnico, vi rimandiamo a questa pagina su Wikipedia. I microfoni a nastro, a differenza dei dinamici, sono sensibili su entrambi i lati della capsula, quindi il loro pattern di ripresa è di tipo figura-8. I microfoni a nastro sono strumenti particolari: all’inizio del secolo scorso erano ampiamente usati per il broadcast e le registrazioni. L’arrivo del microfono a condensatore li ha relegati a un ruolo secondario, ma oggi trovano ancora molto spazio in studio. La caratteristica del microfono a nastro è una risposta in frequenza piuttosto limitata ma con una curva vagamente simile a quella del nostro apparato uditivo. Sulle alte, all’aumentare della frequenza, la sensibilità del microfono diminuisce restituendoci un “roll-off” molto naturale sulle alte. Questa caratteristica li rende ottimi ad esempio sulle chitarre elettriche, per addolcire le frequenze più alte, o sui piatti della batteria, per ottenere un suono più rotondo e meno esagerato sulle alte. Un altro punto a favore dei microfoni a nastro la loro caratteristica risposta sui transienti, cioè sulle variazioni repentine di pressione sonora. Per chi volesse approfondire l’argomento, c’è un’interessantissima pagina sul sito di Royer Labs, uno dei maggiori produttori di microfoni a nastro. Un esempio famosissimo di ripresa effettuata con microfoni a nastro è When The Levee Breaks dei Led Zeppelin, registrata con una coppia di Beyerdynamic M160 (che non potevano mancare nel nostro arsenale microfonico!).

Modelli più famosi: Royer R121, Beyerdynamic M130/M260, Coles 4038, RCA44.

Diagrammi polari

Abbiamo visto brevemente quali sono le tipologie di microfoni con cui avremo a che fare più spesso dal vivo o in studio. Ora, affrontiamo un altro aspetto fondamentale: i pattern polari, ovvero la modalità di “ascolto” del microfono. Vediamo di cosa si tratta:

Cardioide

Questo pattern di ripresa prende il nome dalla forma caratteristica del suo diagramma polare, che ricorda vagamente la forma di un cuore. Un microfono con pattern cardioide riprende il suono proveniente dalla zona frontale, con una sensibilità che va a diminuire man mano che ci spostiamo verso i lati fino a ridursi drasticamente nella zona posteriore. E’ una caratteristica molto utile per la ripresa vocale, sia live sia in studio, perché ci permette di concentrare la ripresa sulla fonte, riducendo i rientri. Per questo motivo, per evitare l’effetto larsen e altri effetti collaterali, un microfono cardioide non va mai puntato verso casse o monitor, e va sempre posizionato dietro di essi.

ATTENZIONE CANTANTI! Molti microfoni a cardioide spesso sono dotati di “porte” nel retro della capsula, appositamente costruite per ottimizzare la direzionalità del microfono. Impugnando il microfono troppo in prossimità della capsula rischiamo di coprirla e rendere il nostro microfono omnidirezionale, rischiando di innescare l’effetto Larsen. Su questo sito trovate un ottimo articolo che approfondisce questo aspetto.

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Supercardioide/Ipercardioide

Raggruppiamo questi due pattern di ripresa in un’unica voce perché sono concettualmente simili. Si tratta di una variazione sul pattern cardioide, dove viene accentuata la direzionalità frontale a discapito di una maggiore sensibilità sulla parte posteriore. Un esempio eccellente è lo Shure Beta 58, che offre un pattern supercardioide. Il Beta 58 rende al massimo in una situazione live se posizionato tra due spie, formando un angolo di 45 gradi. In questo modo il suono proiettato dalle spie viene direzionato nelle zone di minore sensibilità del microfono, consentendo una ripresa con pochissimi rientri. Se invece la spia si trova in posizione frontale, allora meglio affidarsi a un cardioide classico come lo Shure SM-58, che avrà un pattern di ripresa più ampio sul fronte anteriore ma una sensibilità decisamente inferiore sulla parte posteriore.

Omnidirezionale

I microfoni con questo pattern di ripresa hanno una sensibilità che si estende a 360°. Sono usati soprattutto per riprese ambientali, anche stereofoniche (in questo caso si utilizza una coppia di omnidirezionali disposti secondo uno schema preciso), e in caso di misurazioni acustiche (ad esempio, per analizzare la risposta in frequenza di un ambiente per una successiva correzione acustica o trattamento).

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Figura-8

Come si intuisce facilmente dal nome, un microfono con pattern figura-8 è sensibile sul fronte anteriore e posteriore, ed ha una sensibilità quasi nulla ai lati. Grazie a questa caratteristica (tipica ad esempio dei microfoni a nastro) il microfono figura-8 è ampiamente utilizzato per le riprese stereofoniche, in combinazione con un altro figura-8 nella tecnica Blumlein,  o con un cardioide nella tecnica Mid-Side. Inoltre, grazie alla scarsissima sensibilità laterale, può offrire un’ottima soluzione per minimizzare i rientri di altri strumenti, ad esempio usato sul charleston di una batteria, puntando la parte laterale del microfono verso il rullante (trovate qualche esempio sui diari delle nostre session).

Esistono ovviamente altre tipologie di microfoni (piezoelettrico, fibra ottica, ecc…) e di diagrammi polari (ad esempio lo “shotgun”, ancora più direzionale e usato principalmente per riprese audio televisive o cinematografiche), ma abbiamo deciso di concentrarci su quelle di uso comune, che trovano maggior riscontro nell’esperienza di ogni musicista.

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