Programmare un sintetizzatore, parte 2: filtro e inviluppo

Proseguiamo il nostro viaggio all’interno del sintetizzatore, e iniziamo a mettere le mani sulle manopole dei filtri! Come abbiamo fatto nella prima parte di questo speciale, forniremo esempi audio per ogni tipo di filtro. Se avete già letto l’articolo sugli equalizzatori, alcuni concetti espressi qui vi saranno familiari. Rispetto ad un equalizzatore, tuttavia, il filtro usato per programmare un sintetizzatore è concepito per intervenire in modo più drastico sul suono di partenza. 

Iniziamo quindi a elencare i filtri più comuni che troveremo sui nostri sintetizzatori.

Fig. 2 – Quattro tipi di filtro: low pass, high pass, band reject e band bass. Foto: http://www.soundonsound.com

Filtro low-pass (passa basso)

Il filtro low pass è un filtro che esclude la parte alta dello spettro di frequenze della nostra forma d’onda base. In pratica, il suono diventerà più cupo e meno squillante.

Filtro high-pass (passa alto)

Come si intuisce dal nome, è l’opposto del low-pass, ed elimina la parte bassa dello spettro di frequenze della forma d’onda di partenza. Il suono sarà squillante, con meno basse.

Filtro band-pass (passa-banda)

Questo filtro opera in modo simile ad un equalizzatore parametrico, ed agisce intorno ad una data frequenza, con un raggio di intervento variabile in base al parametro Q (nel caso del sintetizzatore viene chiamato “resonance”, lo vedremo tra poco).

Filtro band-reject (elimina banda)

E’ l’inverso del passa-banda. In questo caso le frequenze attorno al punto di cutoff vengono attenuate, mentre tutto il resto dello spettro viene lasciato inalterato.

I parametri base del filtro: cutoff resonance

filtri
Fig.1 – Tipici controlli di una sezione filtri

Fino ad ora abbiamo visto le tipologie di filtri: vediamo ora in che modo possiamo utilizzarli per dare forma al suono. I filtri hanno sempre almeno due parametri, cutoff e resonance.

  • Cutoff: la frequenza dalla quale il filtro inizia ad agire (nel caso di hi-pass e low-pass), oppure la frequenza attorno a cui il filtro lavora (band-pass, band reject). A differenza di un equalizzatore, questo valore spesso non è indicato in Hertz, ma su una scala numerica. Un filtro di questo tipo non serve a effettuare interventi di correzione su un suono, ma a scolpirne la timbrica, per cui un indicazione precisa della frequenza non è sempre necessaria.
  • Resonance: operando sul valore “resonance” andiamo ad enfatizzare l’intervento del filtro. Come vediamo in figura 2, la tipica curva di un filtro (in questo caso low-pass) presenta un picco in corrispondenza della frequenza di cutoff. Per determinare l’intensità di questo picco si utilizza il parametro “resonance”. Alcuni filtri low-pass possono entrare in self-oscillation con valori di resonance molto alti: in pratica si ottiene un suono simile alla forma d’onda sinusoidale sulla frequenza di cutoff.

Negli esempi audio seguenti possiamo ascoltare un filtro low-pass con diversi valori di resonance e cutoff

Esempio 1 – Low pass con cutoff a crescere e resonance a zero
Filtro low-pass con parametro resonance a zero. Nell’esempio i valori di cutoff passano da 20Hz (valore minimo) a 22kHz (valore massimo)

Esempio 2 – Low pass con cutoff a crescere e resonance a zero
Filtro low-pass con parametro resonance al 50%. Nell’esempio i valori di cutoff passano da 20Hz (valore minimo) a 22kHz (valore massimo). Notate come la timbrica del suono cambi sensibilmente rispetto al primo esempio, all’aumentare del cutoff la mutazione timbrica è più evidente

Modificare il suono nel tempo: gli inviluppi

ADSR
fig.3 – L’inviluppo ADSR.

Questi sono gli elementi che agiscono sulla timbrica di base del nostro suono, e lavorano sulle frequenze. Per trasformare il suono nel dominio del tempo dobbiamo utilizzare i generatori di inviluppi. 

Possiamo definire l’inviluppo come un grafico che descrive le variazioni di un parametro del nostro suono nel tempo. Vediamo meglio di cosa si tratta, e iniziamo a descrivere le quattro fasi fondamentali di un inviluppo:

Attack: fase iniziale del suono, l’attacco, cioè quel segmento temporale che parte da zero. Facciamo un esempio con uno strumento acustico: un rullante della batteria avrà un attacco rapido, perchè si tratta di un suono percussivo. Non appena la bacchetta colpisce la pelle, il suono “esplode” in modo estremamente rapido (pochi millisecondi). Al contrario, un flauto può avere un attacco più lento, basta dosare il fiato nel modo corretto e il suono andrà a crescere gradualmente.

Decay: è il segmento che segue l’attacco, ed in pratica è il tempo impiegato per passare dal picco massimo iniziale alla fase successiva. Un esempio di suono con un decadimento piuttosto evidente e caratteristico è quello della tromba: dopo un rapido picco iniziale (attacco), il suono subisce un lieve calo prima di stabilizzarsi ed entrare nella fase di sustain.

Sustain: è il periodo in cui il suono resta costante. Un suono tipo organo ha un sustain infinito, non decade finché non rilasciamo il tasto. Un pianoforte invece ha un sustain limitato nel tempo, che dura finché la corda resta in movimento.

Release: è il tempo impiegato dal suono a raggiungere il silenzio una volta che rilasciamo il tasto. Sempre nel caso del pianoforte, è il tempo impiegato dallo smorzatore per bloccare la vibrazione una volta rilasciato il tasto.

Modificando l’inviluppo possiamo quindi determinare l’evoluzione del nostro suono nel tempo. Impostando un sustain massimo andremo a creare un suono continuo, tipo organo. Se aumentiamo leggermente il tempo di attacco e di rilascio il nostro suono assomiglierà di più a un ensemble di archi, mentre se impostiamo un attacco veloce, un sustain lungo ma non infinito e un decadimento rapido ci ritroviamo nel territorio “corde pizzicate” (piano, chitarra eccetera).

Questo tipo di inviluppo è detto inviluppo di ampiezza (amplitude envelope), perché agisce sulle variazioni di ampiezza del suono. Ma cosa succede se applichiamo un generatore di inviluppo al controllo di un filtro?

…Ve lo raccontiamo nella prossima puntata! 🙂